ROMA
6 Giugno 2015
Giornata di studio
DALL’APPUNTAMENTO ALL’ INCONTRO
SALA CONFERENZE OPERA DON CALABRIA
Via G. Soria 13 – Roma

Incontro: usiamo questo termine preso in prestito dal linguaggio comune, per definire quello che secondo noi si svolge fin dal primo contatto fra analista e analizzando. Si tratta per l’analista di disporsi fin da subito in modo da costruire un contesto di esperienza, un contesto relazionale in cui tra i due partecipanti alla relazione analitica si possano mettere le basi e si possano attivare quei processi necessari affinché un l’incontro sia possibile: quello tra l’analizzando e se stesso e, naturalmente, anche se in modo ogni volta nuovo, tra l’analista e se stesso. E questo riguarda anche quello che potrebbe rimanere un unico contatto, che non darà necessariamente luogo allo svolgersi di un processo analitico. Un incontro che il più delle volte è ostacolato, in chi richiede il nostro aiuto, da posture assunte nel tempo allo scopo di evitare il dolore del vivere e che a loro volta producono sofferenza, un incontro dell’analizzando con quanto già sa di se stesso, ma non sa ancora di sapere (che con Ferrari possiamo definire andare per la prima volta verso se stesso), un incontro dell’analista con quanto si attiva in lui in termini di esperienza di se stesso, di conoscenza, di emozioni, sensazioni e pensieri, nella relazione con ogni singolo analizzando, (incontro che con Ferrari definiamo tornare verso se stesso, nel senso della capacità di rivolgersi continuamente a se stesso, propria dell’analista ). In che modo dunque quel primo contatto tra analista e analizzando può trasformarsi in un incontro? Fin dalle origini della psicanalisi, l’attenzione a ciò che accade tra i due partecipanti alla relazione analitica durante ogni seduta è stato l’elemento caratterizzante che ha differenziato l’approccio psicoanalitico da qualsiasi altra relazione terapeutica. Ma è stato Wilfred Bion che ha portato per primo l’attenzione sui processi trasformativi e sulla necessità di interessarsi alle funzioni dell’apparato psichico, piuttosto che alla struttura ed ai contenuti, nell’ hic et nunc di ogni seduta. Armando Ferrari sviluppandone il pensiero fino a modificare alcuni aspetti centrali della proposta bioniana, ha voluto in modo ancora più attento studiare gli aspetti costitutivi della relazione analitica e delle diverse funzioni che svolgono al suo interno l’analista e l’analizzando, fino a trasformare quello che storicamente è stato l’elemento tecnico portante dell’approccio analitico, l’interpretazione, in quella che egli ha definito: proposizione analitica. Se partiamo dal presupposto che l’oggetto della mente sia per eccellenza il corpo che ad ogni istante ne genera il funzionamento (non la madre, non il seno materno sono l’oggetto cui il neonato si rivolge, ma la sua stessa fame, Ferrari, A.8., 1992), se con Maturana assumiamo che ogni individuo costituisce un sistema chiuso dal punto di vista della sua organizzazione e aperto da quello strutturale, se ognuno di noi conosce il mondo a partire dal proprio apparato percettivo e quindi in modo soggettivo e non oggettivo, allora ci chiediamo: chi e in relazione con chi nel contesto della relazione analitica? ln che cosa consiste quel fenomeno che ci si presenta come comunicazione tra i due individui impegnati all’interno di questa relazione? E quali sono le caratteristiche necessarie affinché la relazione tra analista e analizzando si differenzi dalle altre comuni relazioni che intratteniamo nel corso del vivere? ln questa prospettiva ci chiediamo se ci sono ancora di qualche utilità concetti quali empatia, identificazione, identificazione proiettiva, resistenza, transfert, che insieme ad altri hanno costituito il cardine del pensiero psicoanalitico. E anche come possiamo studiare questo particolare modo di essere in relazione, dal momento che ne siamo parte costituiva. Cioè come essere al contempo partecipanti ed osservatori, dentro tanto da potere partecipare ai processi trasformativi e fuori tanto da potere dire circa ciò che andiamo facendo? Vorremmo proporre una riflessione su questi temi che costituiscono il fulcro della nostra pratica clinica, come sempre cercando di lasciare il più ampio spazio possibile al dibattito tra i relatori e i partecipanti all’incontro.